I mangiari di valle e di pineta
Questi mangiari rappresentano la tradizione più profonda ed antica del territorio ravennate, in uso fra le genti che, per motivi di sopravvivenza, vivevano a quotidiano e stretto contatto con quel territorio fatto di valli, dove potevano approvvigionarsi di pesce, quindi di pineta in cui praticare la caccia e trarre grande varietà di frutti. Assodato che il mare per le genti ravennati non fosse un elemento congeniale (tanto che per costituire una flotta di pescherecci si dovette ricorrere all’ingaggio di pescatori forestieri) un tempo in valle si poteva trovare qualsiasi tipo di pesce, con cui preparare i famosi brodetti, ma il pescato più rappresentativo di questo ambiente era costituito da anguille, cefali, sarde, acciughe, saraghina (spratto o papalina), acquadelle (piccoli pesci da frittura) e dalle vongole e cozze. Ma alla tradizione dell’”ars piscatoria” in terra ravegnana si è sempre affiancata anche l’”ars venatoria”, praticata in valle per la caccia da penna ed in pineta per la caccia sia da penna che da pelo. Ed infine, nelle estese pinete ravennati si potevano ricavare molte varietà di frutti, alimento essenziale per il nutrimento delle genti che in tempi lontani erano costrette a farne uso. Si parla del periodo della “civiltà delle erbe palustri”, in cui molte erbe non edibili, furono strumento di primaria importanza per la produzione di innumerevoli strumenti di lavoro, di abbigliamento e per la costruzione di tetti di paglia. Altro importante patrimonio culturale, di cui oggi è depositaria L’associazione della Civiltà delle erbe palustri di Villanova di Bagnacavallo.