La Piadina Romagnola
Armati di fervida fantasia e d’una certa dose… d’appetito, alzando gli occhi al cielo in una chiara e limpida serata di luna piena, quel “cerchio” bianco, perfetto e un po’ screziato, non ci ricorda, forse, una… piadina? Abbiamo un po’ giocato, è vero, ma il paragone ci veniva facile cercando, persino, la vena poetica. Vena poetica che, certamente, non difettava al nostro illustre conterraneo Giovanni Pascoli il quale, anch’esso, grande estimatore del “povero mangiare” così scriveva: “E tu, Maria, con la tua mano blanda, domi la pasta, poi l’allarghi e spiani ed ecco è liscia come un foglio, e grande come la luna e sulle opache mani tu me l’arrechi e me l’adagi molle sul testo caldo, e quindi t’allontani. Io la giro e le attizzo con le molle il fuoco sotto, finché stride invasa dal calor mite, e si rigonfia in bolle e l’odor del pane empie la casa…”.
Ed è bello, ancora, ricordare Aldo Spallicci, uno dei più importanti esponenti della cultura romagnola, il quale canta l’amore del soldato per la sua terra quando in trincea, svolge il tovagliolo, bianco di bucato, mandatogli dalla madre, e gli giunge il fragrante profumo della piada:
Oh Dio, la piè! udor da ca’ Cl’ariva iquà, e è sent chi ch’magna, Eria d’Rumagna. Oh Dio, la piè!
(O Dio, la piada, odore di casa che arriva fino qua, e lo sente chi mangia; Aria di Romagna. O Dio la piada!)
Questa bella poesia, è stata in seguito musicata dal maestro Francesco Balilla Pratella, con il titolo “La Piè”, divenuta una delle più belle e struggenti cante popolari romagnole.
Messi da parte i preamboli, ricondotti sulla retta via, torniamo a parlare della “nostra” piadina, per entrare, invece, nel suo giusto e consono merito gastronomico.
E, se è vero che da luogo a luogo il termine dialettale varia, è altrettanto vero che al minimo mutar d’idioma, corrisponda una paritetica pratica creativa. Varianti talvolta minimali divenute, come dicevamo, vanto e motivo di marchio territoriale.
Diciamo, allora, che se della cucina, in quanto scienza inesatta per eccellenza, si possa dire tutto, al contrario di tutto, noi partiremo, da una composizione base, inconfutabile, lasciando alle lettrici o ai lettori, libero arbitrio.
Farina, acqua, lievito (secco) e sale, questa era la base per produrre una piadina “generica”, una piadina alla quale, tuttavia, mancava quella dolce fragranza che le avrebbe conferito, successivamente, l’aggiunta di strutto. Si scoprì, in seguito, che l’aggiunta di un poco di zucchero avrebbe apportato un maggior equilibrio gustativo. Ma potremo ancora dire che allo zucchero taluno preferisce il miele ed ancora che al lievito, talaltro, preferisce una presa di bicarbonato… E potremo andare ancora di lungo, ma ci fermiamo qui perché, al fine di redimere ogni questione, e dare un fermo a qualsivoglia ulteriore illuminazione gastronomica, rimanderemo i nostri lettori alla parte dedicata al “disciplinare”.